Dopo le dichiarazioni del governo del 6 aprile scorso con le quali si annunciavano 400 miliardi di euro in favore di banche che effettuano finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma e a quelle dedite all’esportazione, è stato finalmente pubblicato in Gazzetta ufficiale il dl n. 23 dell’8 aprile 2020 (c.d. decreto Liquidità).
IL TESTO INTEGRALE DEL DL CREDITO PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE
Senonché, come affermato dal tributarista ed ex viceministro alle Finanze, Enrico Zanetti , non si tratta di 400 miliardi stanziati dal governo ma, addirittura, analizzando il decreto Liquidità, in particolare la Relazione tecnica della Ragioneria Generale dello Stato, di zero euro o, al massimo, a voler essere magnanimi, di un miliardo di euro in base a quanto previsto all’art. 1, punto 14 del decreto stesso.
In sostanza, come ben evidenziato sempre da Zanetti, si tratta di ipotetici 400 miliardi di prestiti a 6 anni (e non, come ci si sarebbe potuto aspettare per un evento definito da tutti di guerra, a 15 o 20 anni) garantiti dallo Stato con fondi statali che già esistevano.
Ma quello che preme evidenziare è che, a differenza dei versamenti a fondo perduto stanziati o già effettuati da altri Stati per fronteggiare gli effetti economico-finanziari del Covid-19, il governo ha optato per caricare di lavoro e di rischi (oltre lo Stato) il sistema bancario, il quale, in una prima fase usufruirà sicuramente di lievi vantaggi economici per effetto del consistente incremento degli impieghi a tassi molto contenuti ma, successivamente, vedrà, con ogni probabilità, aumentare il proprio livello dei crediti deteriorati (i c.d. Npl, Non performing loans) che sarà costretto a cedere, analogamente a quanto avvenuto sino ad oggi.
È facile immaginare che parte dei crediti concessi dalle banche con garanzie dello Stato, specie se le istruttorie di fido dovranno essere semplificate per accelerare il trasferimento di liquidità alle imprese, si trasformeranno in Npl e che a questi si sommeranno quei crediti ammalorati senza garanzie che normalmente e fisiologicamente si formano anche in periodi di espansione economica. Tanto più se, come già evidenziato, le Autorità di vigilanza europee non sospenderanno integralmente l’applicazione di alcune regole contabili che disciplinano la redazione dei bilanci bancari; il riferimento è ovviamente all’Ifrs9.
Se si è quindi deciso di rinviare al futuro il problema economico-finanziario del Coronavirus è bene iniziare a pensare sin da subito come “smaltire” il futuro flusso di Npl che probabilmente si produrrà, senza dover essere costretti a svenderli a soggetti esteri, tanto più per quelli garantiti dallo Stato.
Inoltre, considerato che le istruttorie di fido, seppur semplificate, dovranno in ogni caso essere effettuate, sarebbe opportuno che le banche locali, come ad esempio le Banche di credito cooperativo (Bcc) che hanno maggiore conoscenza del proprio territorio, venissero poste nella condizione di poter allocare correttamente il credito, eliminando tutti quei vincoli normativi, regolamentari, di vigilanza (e di capogruppo) che avvantaggiano le grandi banche; si rinnova a tal proposito l’invito al governo ad intervenire tempestivamente con un’iniziativa legislativa ad hoc che consenta di riportare le Bcc allo status di less significant.
Illuminante in questo senso l’analisi di ieri in prima pagina de Il Sole 24 Ore di Marco Onado che ha evidenziato come negli Usa la Fed abbia “dovuto disegnare un programma ad hoc per acquistare dalle banche prestiti a piccole e medie imprese, avendo constatato che solo le istituzioni locali avevano prontamente erogato nuovo credito, mentre le grandi stavano ancora valutando i rischi e soprattutto non sembravano disposte a concedere credito ad imprese che non fossero già clienti”, il tutto a dimostrazione che “la funzione delle banche locali, per definizione vicine alle aziende, non sembra affatto essere venuta meno come invece ritengono i fan dei grandi conglomerati finanziari”.
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